Il Festival Vegetariano


Tutto era pronto, … mancava solo la meta.

Avevo accettato la sfida, un viaggio al buio, una grande  incognita, il mistero.
Quando si parte non è mai la meta il vero obiettivo, ma il viaggio in se stesso con quello che ti porti o che lasci, con i sogni e i ricordi uniti alla bramosia di vedere e … di vivere del mondo.
La sera dell’ultimo incontro, a soli due giorni della partenza, finalmente era stata svelata.
Sarei partito con un gruppo fotografico con l’obbligo preciso di non parlare con nessuno del reportage fino al nostro rientro.
Solo allora ci vennero mostrate alcune immagini … forti, con sacrifici e mortificazioni, in un rito asiatico che si perdeva nella notte dei tempi.FV21

Se fosse stato ancora possibile … mi sarei quasi fatto indietro, ma ormai non c’era più tempo, sarei comunque partito e il viaggio si sarebbe trasformato anche in una ricerca interiore. Sapevo che davanti a quelle scene probabilmente sarei stato male, mi chiesi anche quanto la fotografia  sarebbe stata un buon riparo …. comunque quello che più continuava ad attirarmi è che certamente “quel viaggio” avrebbe permesso di ampliare i confini della mie conoscenze ed in parte  appagare il mio desiderio di ricerca.

L’aereo rullò sulla pista con mezz’ora di ritardo, si alzò in volo portandosi dentro un carico umano ricco di pensieri nascosti.
Guardandomi intorno cercavo di indovinare cosa potesse pensare la grassa signora accanto a me, che in modo debordante mi confinava in un angolo del sedile, o la ragazza sognante di due file avanti.

“I pensieri degli uomini formano la scia degli aerei,
si dissolvono nell’aria rarefatta e ci ricadono addosso
come gocce di pioggia …”

Era un pensiero stupido, ma mi piaceva pensare che il mio passaggio in volo non  andasse del tutto perduto.
Stavo volando sopra l’oceano, l’oceano indiano destinazione…Thailandia.
Una terra ormai asservita al più smodato consumismo occidentale, e che ha in parte rinunciato alla sua identità pur di soddisfare i tristi e bizzarri bisogni del ricco bianco occidentale.
Questa volta però … , scavando nelle sue più antiche radici asiatiche, … si stava di nuovo vestendo a festa, riappropriandosi di una spiritualità forte e forse a noi incomprensibile, per riproporre il suo “Festival Vegetariano”.

IL FESTIVAL VEGETARIANO

Il turista, amante principalmente delle bellezze sessuali, sicuramente sarebbe scappato, ma avrebbe lasciato il posto a quei pochi “viaggiatori” che, alla ricerca del diverso, avrebbero fatto da testimoni ad uno dei festival più assurdi dell’umanità.
Ripensai al mio ultimo viaggio in India, il Khumb Mela, mi ricordai di come anche in quell’occasione avessi compreso come l’importante non era solo il cercare di capire, ma soprattutto l’esserci.
Il vero viaggiatore è diverso dall’arrogante turista-colonizzatore, che come un bulldozer tende a spianare qualunque diversità; ama essere spettatore silenzioso di tutte le più strane sfaccettature dell’animo umano, perché comunque sa che, sotto qualsiasi forma, molti di quegli aspetti curiosi o insoliti che andiamo a scoprire negli altri sono in qualche modo già parte di noi.
Dopo quasi venti ore di viaggio, finalmente la Thailandia, il paese del sorriso.
A dire il vero, qui tutto sembrava un po’ finto, una civiltà ormai svuotata e votata al turismo di massa.
Questo però non era importante per noi, il nostro obiettivo era ben altro.
Buttai solo un rapido e incuriosito sguardo alle donne; tanto ricercate e tanto fintamente amate, donne-bambine con il viso dolce e la voce cantilenante, formate per essere un piccolo esercito di geishe pronte a soddisfare i desideri del denaro.
Arrivai in hotel con il gruppo di amici fotografi, presi una camera da solo, mi buttai sul letto, esausto per il lungo viaggio, chiusi gli occhi e solo pochi secondi, … mi addormentai.
Il primo giorno fu dedicato alla ricerca delle informazioni utili, i contatti, un mezzo per gli spostamenti, cartine, notizie …..
Era difficile orientarsi alla scoperta di un evento che, pur verificandosi tutti gli anni, spesso passava inosservato al turismo come alla popolazione locale.
Il giorno seguente ci alzammo alle 2,30, dovevamo raggiungere il Tempio che avrebbe dato inizio al festival cinese.
Tailandia_bordate-077La pioggia era battente, tutto intorno il buio; percorsi la strada a bordo di un ciclomotore con la faccia trafitta da pungenti aghi di acqua e una gran paura di cadere per la strada scivolosa.
Un Suv cappottato con a bordo un ricco straniero e una avvenente Thai, forse di ritorno da un’improbabile discoteca, mi fece riflettere.
Pensai a quei due mondi paralleli, quanti turisti su un morbido letto tra le braccia di un finto amore a buon mercato e quanti, a dire il vero …. pochi, alla ricerca di quella rara ma ancora vera storia superstite nella terra del sorriso!
Il giorno seguente, solita sveglia a notte fonda, per strada solo un cane randagio che al passaggio dei nostri motorini, sollevando pigramente un orecchio e con aria stupita sembrò chiedersi il perché di tanta inutile fretta in un paese, che per definizione, è generalmente incline all’ozio più totale. Il tempo, quella mattina, era stato clemente e sembrava non averci aspettato al varco per rovesciarci addosso la solite secchiate d’acqua tiepida.
La cerimonia era in un Tempio lontano, ma, soprattutto, sconosciuto alle cartine più dettagliate. Dopo un’ora di percorsi incrociati e spesso contrapposti sulla stessa strada, raggiungemmo Sapam; l’accoglienza fu come sempre cordiale e in qualche modo stupita nel trovare viaggiatori così interessati alla loro più usuale ritualità.

Il festival vegetariano nasce alla fine dell’800. Sulle sue origini esistono diverse leggende, alcune narrano che a seguito di una grande epidemia  morirono un gran numero di abitanti.
I pochi sopravvissuti attribuirono la loro salvezza alla dieta strettamente vegetariana in accordo con il volere delle divinità, e fu così che iniziarono ogni anno a ringraziare gli dei con una festa che rendesse loro omaggio, preceduta da un mese di purificazione, sia del corpo, con la dieta …. che dello spirito.

Il tutto avviene nel modo più colorito e folcloristico possibile, anche se il termine è un po’ troppo ovattato per descriverne i contenuti.
Per tredici giorni si trafiggono con gli oggetti più disparati, si martirizzano il corpo, ed in particolare la faccia, con aghi coltelli e asce, effettuano danze e grida per scacciare gli dei maligni, e poi finalmente concludono in processione, tra botti, grida e canti liberatori.

pROCESSIONE
La cerimonia della trafittura è una sorta di piercing apocalittico, dove i monili più gentili vengono sostituiti con gli attrezzi più devastanti: lame, lance, coltelli, pistole … ma anche oggetti di uso comune e in qualche modo, secondo loro, graditi agli dei: seghe, catene, utensili in genere, strumenti musicali.
Gli eletti, i guerrieri, che rispondono come per vocazione alla chiamata degli stessi Dei, prima della processione e al ritmo assordante dei tamburi, entrano in uno stato di trance e dopo aver rivolto le proprie preghiere alle divinità buone e scacciato con schiocchi di frusta e lancio di riso i demoni, si sottopongono, su una sedia improvvisata e il capo sorretto in genere da un parente, alla perforazione delle guance mediante utensili da bassa macelleria.
“Poco sangue e nessun dolore”, dicono loro, anche se qualche volta manovre maldestre finiscono per dare adito a lacerazioni devastanti.FV29
Quella mattina, e tutte le successive, riassistemmo alla solita cerimonia. Con l’adrenalina alle stelle bisognava in qualche modo riprendere quelle assurde immagini e, allo stesso tempo, riuscire a dar loro un senso e …. a farle parlare.

Tra attesa e conclusione della cerimonia trascorrevano appena quattro ore, eppure alla fine ci sentivamo così esausti, come se noi stessi ci fossimo sottoposti a quelle procedure da lontano medio evo.

“In simili situazioni la distanza tra noi e ciò che ci circonda si accorcia drasticamente,
si entra in uno stato di partecipazione e di euforia collettiva,
mentre terribilmente si allunga la distanza con la vita di tutti i giorni”.

Poi …. il brusco rientro alla quotidianità, l’ordine, la civiltà, le nostre abitudini, il ritorno all’apparente normalità … anche se:

“in realtà un viaggio non finisce mai,
dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati.
E’ il virus del viaggio malattia sostanzialmente incurabile” .
(R. Kapuscinski)

ATTENZIONE
Alcune immagini possono
risultare forti
ad un pubblico sensibile

proiezione fotografica

Galleria Fotografica

4 Replies to “Il Festival Vegetariano”

  1. Splendido reportage!
    Immagini che toccano lo stomaco, ma soprattutto il cuore. Non si possono che guardare facendo un piccolo sforzo per mettere da parte i nostri pregiudizi e preconcetti.
    Mi inchino davanti a chi attraverso la fotografia è in grado di farti sentire quello che ha vissuto.
    Complimenti!

  2. Le tue bellissime fotografie danno un resoconto puntuale e fortissimo dell’evento.le tue immagini fanno alternare, in chi le osserva, la bellezza e l’orrore, la tenera immedesimazione nell’essere umano e la considerazione di questo del tutto inadeguatoa partecipare al delicato equilibrio dell’esistenza e della forse immeritata vita tra le varie specie animali. Vedi quante cose mi fanno pensare le tue immagini?

  3. ringrazio di questo reportage realizzato con la perizia del professionista ma raccontato con l’anima della persona. Complimenti anche per lo stile sobrio, che non indugia sui particolari… di disagio, relativi al rito, e, al contempo, ne costruisce un quadro corale di umanità, in un dato ambiente.

  4. Bresson diceva: “è un illusione che le foto si facciano con la macchina, si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa.”
    Le tue fotografie raccontano storie, rivelano luoghi, eventi, stati d’animo, sono potenti come pagine e pagine scritte.
    Sai osservare dove gli altri sanno solo vedere.

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