Cambogia


Cambogia

Giungle di pietra e strade d’acqua


“Ci sono alcuni posti al mondo in cui uno si sente orgoglioso
di essere membro della razza umana.
Uno di questi è certo Angkor.
Dietro la sofisticata e intellettuale bellezza di Angkor
c’è qualcosa di profondamente semplice,
di archetipo,
di naturale
che arriva al petto senza dover passare per la testa.
In ogni pietra c’è un’intrinseca grandezza
di cui uno finisce per portarsi dietro la misura.
Non occorre sapere che
ogni particolare aveva per i suoi costruttori un suo significato,
che ogni pietra, ogni scultura, ogni cortile, ogni pinnacolo
erano tasselli nell’immenso mosaico che doveva raffigurare
i vari mondi, compreso quello superiore,
con al centro il mitico Monte Meru.
on occorre essere buddisti o hindu per capire.
Basta lasciarsi andare per sentire che ad Angkor,
in qualche modo,
ci si è già stati.”
Tiziano Terzani

Quello che resta del popolo cambogiano vive oggi
faticosamente nella stessa melma in cui è stato gettato
trenta anni fa.

Non si è mai seccato il fango in cui nel 1975 i Khmer rossi
hanno immobilizzato e seppellito
la vita in Cambogia,
dopo aver sterminato due milioni di persone;
un terzo dell’ intera popolazione.

E ciò grazie anche all’impunità che sono riusciti ad assicurarsi
i carnefici di ieri,
quelli che oggi dicono di avere “la coscienza pulita”
e vivono liberi e dimentichi di tutto il male
inflitto alle loro vittime.

“Mi guardi, ho l’aria di un selvaggio? Io ho la coscienza pulita”

(Salath Sar, meglio conosciuto come Pol Pot)
15 aprile 1998

What remains of the cambodian people
lives today labouriously
in the same mud where he was thrown
thirty years ago.

It has never dried the mud in which the Khmer Rouge
immobilized and buried
Life in Cambodia in 1975
Having wiped out two million people;one
third of the entire population.

And this is also thanks to the impunity that
the perpetrators of yesterday
managed to secure for themselves,
those who today say they have “clear conscience”
and live free and forget all evil
inflicted on their victims.

“Look at me, I looked like a savage? My conscience is clean”

(Salathe Sar, better known as Pol Pot)
April 15, 1998





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